giovedì 26 febbraio 2009

Mio padre.

Dal tre febbraio duemilanove, giorno in cui incontrai mio padre all'aeroporto Internazionale Ministro Pistarini, a.k.a. Ezeiza, in Buenos Aires, non sono piú riuscita a scrivere niente.

La solitudine è l'unico stato nel quale riesco a trovare lo spazio -e il tempo- affinchè i pensieri mi si condensino nel cervello come goccioline d'umiditá, abbondanti e ingombranti fino a creare un nuvolone denso pronto a scrosciare, da un momento all'altro, in un diluvio di parole.
Inoltre, a partire da quel giorno, ho speso la maggior parte delle mie energie in discussioni senza via d'uscita, troppe energie sprecate per poter stiparne una piccola riserva da dedicare alla scrittura.

Ho insistito tanto per convincere mio padre a raggiungermi, e so che nonostante tutto non me ne pentiró. Nonostante tutto.
I primi giorni, com'è naturale, sono stati i piú difficili. Mai nella mia vita, nemmeno da bambina, ho passato insieme a mio padre tante ore di fila.
E dopo tre anni di vita indipendente, e dopo questi mesi di viaggio che mi hanno ulteriormente randagizzata, dover tornare a relazionarmi in modo normale con una persona -e non una persona qualunque: mio padre, uno dei pilastri della mia vita- è stata dura.

Eppure, quando non stiamo litigando, non mancano i momenti divertenti. Le persone che incontriamo e con cui scambiamo qualche chiacchiera lo prendono -a causa dell'accento- per argentino, e a me per spagnola, e quando chiariamo e spieghiamo com'è la storia quasi non ci credono.
Tutti, senza eccezioni, si meravigliano al sentirlo parlare, perchè dopo quarant'anni lontano da Buenos Aires parla ancora un porteño perfetto. Tutti gli fanno i complimenti, e lui si inorgoglisce tutto, e io muoio per la tenerezza.

Probabilmente entrambi ci renderemo conto dell'importanza di questo viaggio insieme, e di quanto questo viaggio ci stia regalando, solo quando saremo lontani.
L'amore, anche se è tanto, non sempre parla la stessa lingua, e mio padre e io non siamo mai stati capaci -e con il tempo siamo peggiorati, teste dure- di capirci, nè di farci capire l'un l'altro.

3 commenti:

dora ha detto...

la vuoi smettere di farmi piangere!!!!!!

Anonimo ha detto...

Paola, ho le lacrime agli occhi...come ti capisco... E' difficilissimo parlare con il papà anche se come dici tu è un PILASTRO della nostra vita...più che un pilastro lo definirei la nostra VITA perchè se non ci fossero stati lui e la mamma noi non saremmo qui... Comunque, anch'io con mio padre non avevo uno splendido rapporto ma da quando è mancata mia mamma mi sono "appoggiata" a lui in tutto e per tutto e non ti dico che mega litigate che ci facciamo...non ci parliamo per giorni ma poi torna sempre il sereno...TESTE DURE ENTRAMBI...urliamo e ci "azzuffiamo" con le parole, facciamo dei ragionamenti allucinanti e so che queste "discussioni" servono a farci CAPIRE entrambi l'uno con l'altra... Noi donne tendiamo a confidarci molto più con la mamma e invece poi scopri che il papà è amico anche lui...pronto ad aiutarti in qualsiasi momento pronto a prenderti per mano quando hai bisogno...pronto a farci da PILASTRO... Non riesco a scrivere altro perchè solo a rileggere quello che hai scritto qui sopra mi commuovo... Ti voglio bene piccolina, non dimenticarlo mai, MANU.

vali ha detto...

che cosa bella... tuo papà lì con te! meno male che almeno lui ce l'ha fatta, io con le mie scelte di vita non posso... e son stata anche 1bel po assente... perdonami, ma non credere che non penso a te!!! penso a cosa starai facendo, con chi sarai, dove e a quanto sarai diversa al tuo ritorno!
nel frattempo io sono nel bel mezzo del trasloco... e pensa che anche mio papà in questo momento si sta dimostrando fondamentale x me, mi sta aiutando e si sta sbattendo 1casino. quanto siamo fortunate... :)

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