martedì 19 maggio 2009

Quei giorni lontani dal mondo.

Nel Cusco, con le belle olandesi Renée e Marijn decidemmo di fare a meno del treno.
Prendemmo un bus locale che ci lasció nel cuore della notte in un paesino chiamato Santa Maria, nella selva alta peruviana.

Il giorno dopo con l'aiuto di una guida locale iniziammo il cammino. Attraversare la montagna, tra scaloni di pietra, sentieri stretti e scivolosi e al lato il burrone, guarda dove metti i piedi, il caldo umido appiccicoso della selva, le gambe che chiedono pietá, troppe zanzare, passare il ruscello saltellando sui sassi, il ponte di legno pericolante, i graffi sulla pelle, fermati un momento. Alza gli occhi da terra e osserva: tutto intorno c'è la Natura selvaggia e mansa, sacra, lussureggiante, santa e pagana, imponente, imperante, regina assoluta. Prostati ai suoi piedi e rendi grazie. Lei adoro, lei mi da vita, lei è la mia dea.

Arrivammo che era quasi buio alle terme naturali di Santa Teresa, dove l'acqua tiepida ci ripagó in pochi istanti di tutta la fatica fatta nelle lunghe ore precedenti.
E il giorno dopo ci rimettemmo in marcia, ma stavolta non richiese troppo sforzo camminare lungo le vie del treno - solo dovevamo spostarci in fretta nel caso sentissimo un rumore in lontananza.

In Aguas Calientes decidemmo di intraprendere quella che si riveló la parte piú difficile del cammino: l'ascesa al Putucusi, montagna non lontana da Machu Picchu. Per giungere in cima dovemmo scalare alti gradoni di roccia e scale a pioli in legno costruite in verticale sulla montagna, la piú lunga di 50 metri; la guardavi e pensavi: se ce la faccio, se arrivo lassú, sono dio.
E arrivammo.

È incredibile come l'emozione che provi in questi momenti cancelli tutto lo sforzo, tutta la fatica, il dolore, tutta la negativitá incrostata nel tuo spirito, e ti faccia sentire semplicemente onnipotente.

Il giorno dopo ci saremmo svegliate alle 3:30 del mattino per iniziare il cammino a Machu Picchu, avremmo asceso il Wayna Picchu, avremmo goduto delle meravigliose rovine della cittá perduta e della energia che emanano, il giorno dopo. Ma fu il momento del Putucusi quello che significó di piú per me.

Capii che non importa dove si voglia arrivare, la migliore maniera è andare a piedi. (ovviamente è metaforico, chiaro che non andró a piedi la prossima volta che vada a trovare i miei in Italia) (anche se... perchè no?)
Se ti portano alla meta in auto, non vale. È troppo comodo, troppo veloce, non puoi apprezzare la distanza che hai percorso. E non riesci a goderti il panorama, nè a parlare con le persone che incontri lungo il cammino.
Camminando, vai lento. Fai fatica, sudi. Puoi cadere, farti male, imprecare, maledire te stesso per la decisione presa. Ma poi ti rialzi e vai avanti, perchè mica ti puoi fermare lí, nel bel mezzo del niente. Se te la senti puoi correre un pezzettino, fino a quando le energie te lo permettono. E quando arrivi alla meta, è tremenda, assoluta e impagabile la sensazione di avercela fatta con le tue gambe e il tuo fiato. E quante cose hai imparato durante il percorso.

Io imparai che non è vero che non ho forza di volontá, come sempre dicevo. La mia forza di volontá è immensa, straripante. E imparai che è vero, è vero, è vero!!! che volere è potere.
Imparai a conoscere i miei limiti, a renderli malleabili e a spingerli un po' piú in lá ogni volta.
Imparai ad accettare le mie paure (e quante sono!) ma sopratutto imparai a non usarle come scudo -e come scusa- per non dare il passo.
Imparai che sono infinitamente piú ricca adesso -che non ho soldi per pagarmi un affitto- che se fossi rimasta per l'eternitá attaccata a quel posto di lavoro fisso, sicuro e prestigioso, in quell'ufficio.
Imparai che se avessi rinunciato alla mia piccola dose di follia per paura della crisi, adesso sarei io, quella in crisi.

Imparai che adesso che ho preso il via, non voglio fermarmi.
È cosí bello viaggiare, scoprire mondi lontani, conoscere. Ti apre cosí tanto alla vita. Ti rende piú umile, in mezzo a tanta diversitá. Piú colto, senza bisogno di studiare sui libri.

Ma sopratutto ho imparato che non importa per quanto tempo uno se ne vada a zonzo per il mondo, non importa di quanti kilometri si allontani: la cosa piú dolce è la certezza che in un qualche posto del pianeta, in una qualche cittá, in un determinato quartiere, in una sconosciuta stradina, laggiú c'è qualcosa che aspetta silenziosamente il tuo ritorno: casa tua.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Menomale che questa tua avventura l'hai scritta in italiano così me la sono goduta fino alle ultime due parole...immaginando ogni tuo passo in quell'affascinante zona...(io quando fanno i documentari su Machu Picchu mi incollo alla tv e non smetto un attimo di "incantarmi" davanti alle meraviglie antiche). Sei troppo dolce, non arrenderti mai...e come diceva sempre il mio allenatore...non dire mai NON RIESCO...PROVACI... Sono sicura che hai capito! Un abbraccio forte e un bacione, MANU

Anonimo ha detto...

Il racconto è bellissimo...!
Anch'io ne sto preparando uno su un mio viaggio in Uruguay...
Purtroppo non ho un blog...ma ho trovato un portale/community di viaggiatori che mi da gratis uno spazio.

www.viaggiliberi.it ....

Paola B. ha detto...

Grazie "anonimo"! andró subito a dare una controllatina al portale di cui mi parli... L'Uruguay è meraviglioso, un pezzettino del mio cuore è rimasto lá e ancora galleggia, proprio nel punto in cui il Rio della Plata si unisce all'Oceano. Se hai voglia di spulciare tra le mie pagine, ho scritto qualche post anche laggiú.

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